"Bisognerebbe finirla con quest'abitudine
di avvelenare gli ammalati"
(J. T. Kent, medico omeopata, 1910)
La Medicina attuale ragiona in termini di "malattie" e "farmaci".
Come se ritenesse automaticamente che ci vogliano farmaci
industriali ed interventi chirurgici per guarire dalle malattie.
Questo modo di pensare alla salute non è l'unico possibile
e non è nemmeno naturale. E' indotto dalla nostra attuale
cultura.
D'altra parte, in ogni epoca, la concezione della Medicina
è stata frutto della cultura del tempo.
L'attuale concezione della Medicina scientifica è storicamente
molto recente, poichè si è affermata soltanto all'inizio del
XX secolo, e non "spontaneamente" ma sulla spinta decisiva
di interessi commerciali.
Questo dovrebbe a tutti divenire chiaro.
Non si è trattato, cioè, di un modo di pensare che si è sviluppato
e maturato liberamente, ma di un modo di pensare condizionato
deliberatamente da chi ha avuto ed ha interesse a che le cose
vengano viste proprio così come noi oggi le vediamo.
In realtà, la maggior parte delle nostre malattie trae origine
nel nostro modo di pensare, di reagire emotivamente e di vivere
i nostri rapporti personali.
Inoltre, una grande concausa delle malattie è dovuta all'alimentazione
povera, manipolata e ormai molto lontana dai bisogni della
salute fisiologica.
Altri fattori patogeni sono l'ambiente fisico ed emotivo in
cui lavoriamo e viviamo.
Ancora, una causa diretta e rilevante di malattia sono i farmaci
che assumiamo, specie se in modo continuativo (è provato che
questa è la prima causa diretta di morte negli Stati Uniti,
superiore persino agli incidenti automobilistici).
La Medicina dovrebbe servire a ottenere il benessere e la
guarigione delle malattie.
Invece, attualmente, permette degli interventi tecnici (perlopiĆ¹
farmacologici e chirurgici), solitamente del tutto insufficienti
a conseguire uno stato di guarigione profonda e di benessere,
nel singolo e nella popolazione.
E' molto comodo disporre, oggi, di utili procedure industriali
farmacologiche e chirurgiche, ma
1) esse non sono le sole, nè obbligatoriamente le migliori,
per guarire;
2) questi stessi farmaci e interventi chirurgici dovrebbero
essere utilizzati al servizio di una concezione preventiva
della malattia, della promozione della piena salute, e finalizzate
alla effettiva e radicale risoluzione dei problemi della singola
persona.
Abbiamo di fronte una concezione sociale e culturale della
salute carente, e diviene pertanto indispensabile una drastica
riflessione individuale.
Ognuno di noi deve sviluppare la sua personale domanda di
guarigione, ed impegnarsi in essa con l'aiuto di terapisti
e terapie adeguate.
Non c'è una sola concezione di Medicina. Non c'è una sola
concezione di Scienza.
Affranchiamoci dall'obbligo indotto di ragionare soltanto
secondo un'educazione culturale. Permettiamoci di essere critici
sulla cultura corrente, in nome di una piĆ¹ fondamentale esigenza
di significato del nostro stare bene con noi stessi, nel corpo
e nella vita.
La vita non è soltanto un fatto culturale e, fondamentalmente,
non lo è affatto.
La logica del corpo, dell'anima e della mente, che sono quelle
che manifestano la salute e la malattia, rispondono a movimenti
spesso ben diversi e talvolta divergenti da quelli culturali.
La responsabilità della propria personale salute non può
essere totalmente delegata ai medici ed agli scienziati.
Ognuno di noi è responsabile per sè stesso.
Assumersi la piena responsabilità della propria vita è il
primo passo per perseguire un benessere non fittizio e la
felicità. E, qualunque siano la malattia in questione e la
terapia intrapresa, migliora il decorso prognostico e ci avvicina
alla guarigione.