Il 4 dicembre
Fonte: CD, Società Italiana di Medicina Omeopatica, 2002
Nello scorrere degli attuali eventi politico-legislativi omeopatici
del nostro Paese che ci vedono, per la nostra parte, protagonisti,
ho il piacere di ricordare da quanto tempo va avanti questa
storia: oggi, 4 dicembre 2002, è l'esatta ricorrenza del 125°
anniversario della prima volta che una proposta di legge sull'Omeopatia
fu presentata al Parlamento italiano.
In realtà fu il tentativo disperato, promosso dalla Sicula
Accademia Omiopatica (ufficialmente riconosciuta nel Regno
Borbonico), di ottenere un riconoscimento ufficiale dell'Omeopatia
anche nel nascente Stato italiano.
Con l'avvento dell'unità d'Italia, l'Omeopatia perse quella
che aveva dimostrato essere una grande e importante alleata,
la Casa regnante borbonica che più di tutte tra le altre famiglie
reali nella penisola si era presa cura di sostenerla e gratificarla.
L'Accademia Omiopatica incrociò subito il nuovo corso. Infatti
Garibaldi, entrato a Palermo insieme ai suoi Mille il 27 maggio
1860, scelse come ospedale per la cura dei suoi garibaldini
proprio la sede del dispensatorio omeopatico di via del Bosco
n°63.
Due anni dopo l'unificazione, uno tra i più convinti protagonisti
del risorgimento siciliano, cioè l'omeopata dott. Paolo Morello
che nel frattempo era diventato presidente dell'Accademia,
si adoperò d'inviare una petizione al Parlamento italiano
per l'insegnamento teorico e pratico della Omeopatia.
Ma i tempi erano ormai cambiati, il clima politico mutato
e la Sicilia perdeva quel residuo di centralità e protagonismo
che aveva conservato durante gli anni del Risorgimento ed
era diventata una lontana provincia del nuovo Regno, foriera
solo di problemi e preoccupazioni.
Nella lettera di accompagnamento alla petizione che il 12
febbraio 1862 il dott. Morello aveva indirizzato al Parlamento
si leggeva:
"Respinta dall'Accademia, respinta dalle Università,
respinta dai congressi scientifici, la Omeopatia è stata costretta
a rifugiarsi in braccio a questo o a quell'altro individuo;
e questo è quello che diciamo andare alla ventura. Quanto
più si abbandona la Omeopatia alla ventura tanto più (se ella
è un errore, un'illusione, un delirio) si dilata e si impadronisce
delle teste balzane; tanto più, se essa è un'impostura, stimola
le voglie e gli appetiti dei tristi, che crescono sempre all'ombra
degli onesti, degli illusi di buona fede; ma se poi è una
verità, tanto meno progredisce quanto meno è insegnata".
Naturalmente nessuna risposta fu inviata dal Piemonte alla
Sicilia.
Proprio Torino contribuirà ad espropriare della centralità
che aveva avuto l'Accademia Sicula Omeopatica nel panorama
dell'Omeopatia italiana ed europea. Nel 1871 venne fondato
in quella città l'Istituto Omiopatico Italiano e fu inviata
una lettera con l'invito di sottoscrizione e partecipazione
a tutti gli omeopati italiani.
Paolo Morello scrisse in quell'occasione un'accorata lettera
ai dottori Dadea e Pompili nella quale manifestava tutta la
sua paura per quell'iniziativa:
"E poi l'esistenza di questo nuovo Istituto finirebbe
con l'uccidere il nostro, è una minaccia di assorbimento e
di accentramento che finirebbe col nostro totale annientamento".
Egli infatti temeva l'assorbimento dell'Accademia nel nuovo
Istituto, pienamente in linea con i nuovi equilibri accentratori
del nuovo Stato italiano. Un'iniziativa che infatti contribuì
a risultare fatale all'Accademia, già in crisi, perchè molti
degli omeopati siciliani non seppero affrancarsi dalle paludi
del provincialismo, e finirono con l'ottenebrare il glorioso
passato dell'istituzione.
Tuttavia molti medici siciliani continuarono ad esercitare
l'Omeopatia e a perorarne la causa anche in sede istituzionale.
Saverio Friscia in particolare, medico omeopata da trent'anni,
eroico socialista anarchico (si era fatto i moti di Palermo
del '48 e poi l'insurrezione garibaldina del '60), divenuto
deputato tentò il colpo grosso.
Il 4 dicembre 1877, Friscia, sfruttando la sua amicizia con
il Ministro della Pubblica Istruzione Coppino, presentò al
Parlamento Italiano, un suo progetto di legge per l'insegnamento
della Omeopatia nelle Università italiane.
Purtroppo non fu possibile sfruttare la disponibilità che
Coppino aveva dimostrato nei confronti del progetto di legge
perchè egli, prima di ogni possibile determinazione, dovette
lasciare la carica.
Ma Friscia aveva rilanciato le speranze degli omeopati e altri
colleghi si fecero promotori del suo progetto di legge presso
il nuovo Ministro.
Uno di loro inviò una lettera al nuovo titolare del dicastero,
De Sanctis;
"ora il sottoscritto, viste le condiscendenze del cessato
Ministro Coppino ad accordare il libero insegnamento dell'Omeopatia
nella Università del Regno a chi ne facesse richiesta, e ciò
nell'interpellanza fatta su tale argomento dal Deputato Friscia,
nella seduta della Camera del 4 dicembre p.p., fiducioso che
V.E. sia di egual parere a tale riguardo, domanda di essere
autorizzato all'insegnamento libero dell'Omeopatia nell'Università
di Padova".
Da parte del ministero fu chiesto il parere al Consiglio Superiore
della Pubblica Istruzione che esprimendosi negativamente giudicò
l'omeopatia come la negazione di tutte le scienze positive.
Ho citato in esteso un passo del bel libro di Roberto Conigliaro
sull'Accademia Omeopatica, attualmente in pubblicazione.
La settimana prossima la dott.ssa Bovina, per conto della
Società Italiana di Medicina Omeopatica e (ancora) dell'Accademia
Omiopatica avrà l'ennesimo incontro con i legislatori alla
Camera dei Deputati.
Il relatore dell'attuale progetto di legge, l'onorevole Lucchese,
è siciliano e proviene da un collegio elettorale limitrofo
a quello che fu di Friscia.
Quanto durerà ancora questa storia?